Questa quarta ed ultima parte dedicata ad Edith ci fa entrare nell’oscurità della follia omicida, tipica dell’umano e, in modo particolare, della sua epoca, di cui lei, suo malgrado, è stata vittima come altri milioni di innocenti. La guerra incombe e le prime violenze e abusi verso gli ebrei, e i diversi dalla razza ariana in generale, si fanno più presenti. Purtroppo in Germania era calata la notte: Edith scriverà: “Avevo già sentito prima delle severe misure contro gli ebrei. Ma ora cominciai improvvisamente a capire che Dio aveva posto ancora una volta pesantemente la Sua mano sul Suo popolo e che il destino di questo popolo era anche il mio destino”. Se pensiamo che nel settembre del 1936 muore la madre, e il suo ultimo respiro è stato per il suo credo, che Edith ricorda così: “Fino all’ultimo momento mia madre è rimasta fedele alla sua religione”.
Tuttavia, lei è presa dalle cose della vita. E della vita religiosa. Il 21 aprile del 1938, si prepara alla professione perpetua dei voti e sull’immagine devozionale, come ricordo della sua professione, fa stampare le parole di San Giovanni della Croce: “La mia unica professione sarà d’ora in poi l’amore”. Scriverà poi, che la scelta di chi entra in clausura ha un significato profondo, infatti scrisse: “Chi entra nel Carmelo non è perduto per i suoi, ma in effetti ancora più vicino; questo poiché è la nostra professione di rendere conto a Dio per tutti”.
Il 9 novembre 1938 l’odio portato dai nazisti verso gli ebrei viene palesato a tutto il mondo. Le sinagoghe bruciano. Il terrore diventa reale per tutta la gente di religione ebraica, anche per i convertiti. Così, la Madre Priora delle Carmelitane di Colonia invia Suor Teresa Benedetta della Croce in Olanda al Monastero Carmelitano di Echt, spera di salvarla. Scriverà: “Devo continuamente pensare alla regina Ester che venne sottratta al suo popolo per renderne conto davanti al re. Io sono una piccola e debole Ester ma il Re che mi ha eletto è infinitamente grande e misericordioso. Questa è una grande consolazione”. Lì, il 9 giugno 1939, nella sua nuova casa, scrive il suo testamento: “Già ora accetto con gioia, in completa sottomissione e secondo la Sua santissima volontà, la morte che Iddio mi ha destinato. Io prego il Signore che accetti la mia vita e la mia morte… in modo che il Signore venga riconosciuto dai Suoi e che il Suo regno venga in tutta la sua magnificenza per la salvezza della Germania e la pace del mondo… “. Purtroppo però, nel 1942 cominciano le deportazioni in massa degli ebrei. L’epilogo della sua vita è alle porte. O meglio, il suo “desiderato” olocausto. Infatti, il 2 agosto del 1942 arriva la Gestapo. Teresa Benedetta della Croce si trova nella cappella, assieme alle altre Sorelle. Nel giro di 5 minuti deve presentarsi, assieme a sua sorella Rosa, che si era battezzata nella Chiesa cattolica e prestava servizio presso le Carmelitane di Echt. Le ultime parole di Edith Stein sono rivolte proprio a Rosa: “Vieni, andiamo per il nostro popolo”. Assieme a molti altri ebrei convertiti al cristianesimo, le due donne vengono portate al campo di raccolta di Westerbork. Scriverà: “Che gli esseri umani potessero arrivare ad essere così, non l’ho mai saputo e che le mie sorelle e i miei fratelli dovessero soffrire così, anche questo non l’ho veramente saputo… in ogni ora prego per loro. Che oda Dio la mia preghiera? Con certezza però ode i loro lamenti”. All’alba del 7 agosto parte un carico di 987 ebrei in direzione Auschwitz. Tra l’8 e l’11 agosto, Teresa Benedetta della Croce, unì il suo sacrificio a quello di Cristo, in una camera a gas di Auschwitz, assieme sua sorella Rosa e molti altri del suo Popolo.
E’ stata beatificata nel Duomo di Colonia, il 1° maggio del 1987, da Giovanni Paolo II, dicendo di lei: “Una figlia d’Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica ed al suo popolo quale ebrea”. E il 12 Ottobre 1998, è stata canonizzata a Roma, sempre sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II e dichiarata Patrona d’Europa, assieme a Santa Brigida di Svezia e Santa Caterina da Siena, il 3 ottobre 1999.
L’amore di Cristo fu il fuoco che incendiò la vita di Teresa Benedetta della Croce. Prima ancora di rendersene conto, essa ne fu completamente catturata. All’inizio il suo ideale fu la libertà. Per lungo tempo Edith Stein visse l’esperienza della ricerca. La sua mente non si stancò di investigare e il suo cuore di sperare. Percorse il cammino arduo della filosofia con ardore appassionato e alla fine fu premiata: conquistò la verità, anzi ne fu conquistata. Scoprì, infatti, che la verità aveva un nome: Gesù Cristo, e da quel momento il Verbo incarnato fu tutto per lei. Guardando da carmelitana a questo periodo della sua vita, scrisse a una benedettina: “Chi cerca la verità, consapevolmente o inconsapevolmente cerca Dio”.