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Giovanni Lindo Ferretti si racconta – II parte

 

Il nostro racconto su Giovanni Lindo prosegue con il suo modo di raccontarsi che è forte e ed emozionante, perché è capace di lasciarsi sorprendere dagli eventi della vita, e della vita spirituale. Quando gli arriva una lettera speciale, a ricollocarlo con il mondo della fede, per lui è una sorpresa tale, da commuoverlo profondamente. Infatti, “a settembre – gli è arriva – una lettera con lo stemma vaticano: Sua Santità il Papa emerito acconsente ad un breve incontro. Mia nonna sarebbe rimasta annichilita dalla commozione cercando rifugio nel rosario, mio zio Clemente, il miscredente di famiglia, avrebbe detto – bimbo, sei del gatto – una complessità gergale che fonde dolcezza e pericolo, timore e delicatezza in patina domestica. Ho anche pensato: entro nello studio, mi inginocchio, bacio l’anello e il Santo Padre mi da due ceffoni intimandomi – non si vergogna, Ferretti? -. Io che so perfettamente di cosa vergognarmi ne sarei sollevato e mi terrei cari i due ceffoni che non stonerebbero nella benedizione della sua presenza. Quello che ho fatto è stato confessarmi, comunicarmi, prepararmi all’incontro con mente libera e cuore puro.

Non edulcorare, non ideologizzare, non psicologizzare la realtà dei propri giorni; la confessione inizia con l’esame di coscienza: pensieri, parole, opere, omissioni”.

Lindo è consapevole che tanti dei molti accadimenti erano in grado di annullare l’incontro con sua Santità, inoltre, la sua naturale ritrosia, lo hanno spinto a non dirlo che a molte persone – erano meno di una mano e solo due giorni prima dell’incontro. “Poche ore dopo ero già gravato dal racconto di un dolore così lancinante da lasciar spazio solo a parole di preghiera, richiesta di un aiuto che non si sa, non si può formulare in altro modo. Me ne sono fatto carico, l’avrei presentato all’intercessione del Santo Padre. Una preghiera per Etti, sua madre, suo padre, le persone che l’hanno cara e vivono nella disperazione. Il gran giorno è arrivato, sono andato a Messa da padre Maurizio e da Chiesa Nuova a Piazza San Pietro continuavo a pensare che molti, forse tutti, avevano più motivi di me per essere ricevuti e non tanto per meriti o valori di cui non posso sapere ma perché io so delle mie colpe, del mio misero valere. Anche la guardia svizzera che mi ha bloccato sulla porta di Sant’Anna la pensava come me e prima che potessi proferir parola mi ha intimato: – di qua non si passa -. A coloro che frequentano il Vaticano non è concesso rendersi conto di cosa possa significare per un cattolico che arriva da lontano varcare quella soglia”.

Continua…

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