società

Arte in carcere – II parte – sotterranei di Rebibbia tra cemento armato e tufo

 

La scelta di realizzare un progetto artistico per la casa circondariale femminile, riuscendo a incontrare le detenute, ha avuto diverse difficoltà nella sua realizzazione, il tutto si è evidenziato dalla presa di coscienza  della struttura su cui si sarebbe operato. Poiché il carcere di Rebibbia ha una struttura edificata in cemento armato e i sotterranei sono fatti in muratura ricoperta di tufo (oltre alla presenza visibile di tubature lungo tutto il perimetro intersecante) si è pensato di ovviare al limite artistico (che altrimenti non sarebbe stato duraturo nel tempo) e dell’inesorabile umidità, inevitabilmente complice del limite, con l’utilizzo di pannelli di legno da applicare lungo il corridoio. Dopo la realizzazione pittorica i pannelli sono stati posti in questo spazio, in un lungo corridoio che da freddo e inospitale si è trasformato in una serie di lunghe macchie di colore tra il grigiore dei muri. Le detenute scelte per la realizzazione sono state selezionate per abilità, per territorio di provenienza, per cultura, per tradizione religiosa, e non ultimo, per permanenza carceraria, in quanto il progetto ha avuto un lungo tempo di realizzazione. Questa particolare attenzione nella scelta delle “artiste” da inserire nel progetto ha messo in evidenza la civilissima, cosmopolita ed eterogenea coabitazione tra le detenute, seppure in una realtà coatta, che paradossalmente è un modello di pacifica cittadinanza per noi tutti.

Tutto il progetto è stato seguito personalmente dal Fiduciario della Sede Staccata C.C.F. di Rebibbia, il Prof. Alessandro Reale, che in prima persona lavora da decenni con le detenute e che ha sostenuto fortemente questo progetto. Grazie a lui sono stati scelti i materiali pittorici e materici vari da utilizzare per la decorazione dei pannelli, come: colori a tempera, acrilici, pennelli e tutti quei prodotti necessari e facilmente reperibili per il lavoro in carcere. Questo ha permesso alle detenute di ovviare a limitazioni di forma in opera, vista la loro condizione coercitiva (non è possibile portare in carcere tutti i tipi di materiali o di forme, per ovviare a problemi di tipo legislativo). Dopo la realizzazione e l’installazione messa in opera nel sotterraneo del carcere, il Prof Alessandro Reale e, la sottoscritta, dott.ssa Maria Grazia Meloni, all’epoca delegata del Direttivo Comunicazione e Cultura Paoline Onlus, hanno realizzato una serie di fotografie a documentazione del progetto realizzato. (Questo solo dopo aver avuto conferma di liberatoria da parte della direzione carceraria, in quanto nel penitenziario è severamente proibito condurre qualsiasi prodotto tecnologico non ammesso: in modo particolare cellulari, mp3, registratori, macchine fotografiche… etc.).

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