Come è possibile passare dalla fanciullezza alla piena maturità senza sapere chi si è veramente? Ma è possibile conoscersi così profondamente? Così come la conoscenza è mediata dalla ragione e dal Mistero divino, così l’essere, ne esprime più intensamente il suo senso, perché è ontologia, cioè, scienza dell’ente e del suo essere, e naturalmente, anche dell’Essere (Dio) e si incorpora inscindibilmente con la dottrina sul divino. Nella rivelazione, in cui Dio svela il suo intimo Essere, si fonda un’interazione profonda fra la comprensione dell’essere puramente filosofico e l’illuminazione sull’essere che ci viene dalla rivelazione di Dio. In questo incontro, rispondendo al progetto d’amore di Dio, l’uomo partecipa alla realizzazione della propria vocazione in cui Dio si manifesta e ci rende sua immagine: “la vocazione dell’umanità è di rendere manifesta l’immagine di Dio e di essere trasformata ad immagine del Figlio unigenito del Padre. Tale vocazione riveste una forma personale, poiché ciascuno è chiamato ad entrare nella beatitudine divina; ma riguarda anche la comunità umana nel suo insieme”. (CCC 1877).
Ognuno di noi, singolarmente e comunitariamente, è chiamato a realizzare questo piano d’amore che si svela nella storia, piano in cui i bambini sono il bulbo cui Dio rende ogni benevolenza: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 1-5). È questo il modello cui ispirarsi nella vita e godere del già non ancora che ci è donato. Ognuno di noi deve sforzarsi di ritrovare quella stessa purezza per partecipare del regno. Ma altra cosa è credere che rimanere “eternamente giovani” sia l’eden sulla terra. Per divenire pienamente adulti, pienamente realizzati nel piano d’amore di Dio, è necessario vivere il passaggio che dall’età della fanciullezza giunge alla piena maturità. Ma il limite culturale in cui vive l’uomo di oggi purtroppo è proprio il non voler diventare adulti. Superare l’età della fanciullezza, significa giungere al passaggio tra l’adolescenza, tempo in cui il gioco lascia spazio alle prime inquietudini, in un trambusto di emozioni, per giungere all’età della maturità. Ma questa nostra società consente ai suoi ragazzi di vivere in un’adolescenza prolungata, definendola superficialmente “giovinezza. Questo avviene per molteplici motivazioni sociali, ed anche perché questa è l’epoca della confusione negli affetti e nei riferimenti più importanti. Gli adolescenti sono condizionati da relazioni che sono in continuo mutamento. Oltre agli inevitabili e naturali conflitti con la famiglia e alle modifiche con tutto ciò che gli è intorno, per cui mutano gli schemi che fino a poco prima gli permettevano il confronto col proprio essere, col proprio corpo e con gli altri rendendo il loro microcosmo un luogo di incertezze, sono altresì stigmatizzati da prove che esulano le loro capacità di assorbimento. La loro vita familiare, spesso disgregata, in molti casi non possiede più il dono della comunione di una famiglia unita e presente, cui riferirsi come una certezza. Inoltre, un tempo le scuole e le parrocchie erano più compatte con la comunità locale e offrivano loro un ambiente sicuro, in cui era possibile relazionarsi in modo totalizzante.
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