società

Arte in carcere – I parte – La pittura come possibilità per una vita nuova

 

L’Associazione Comunicazione e Cultura Paoline Onlus in collaborazione con la Casa Circondariale Femminile del Penitenziario romano di Rebibbia, sotto l’ausilio del II Liceo artistico Statale di Roma “Enzo Rossi” (con sede distaccata all’interno del carcere) ha realizzato il progetto: “Arte in carcere”.

Il piano di lavoro in cui si è realizzato il progetto si riferisce ai sotterranei che connettono, attraverso lunghi corridoi, l’accesso esterno del carcere all’interno e via via tutto il perimetro che sottintende il penitenziario della casa circondariale femminile. Il progetto ha previsto una serie di pannelli da realizzare e collocare in uno dei corridoi suddetti: proprio quello che dà accesso alle nuove detenute dall’esterno all’interno del carcere. La scelta di questo ingresso è stata fortemente sostenuta dalla direzione del Carcere, nella persona della dott.ssa Ida del Grosso e della sua vice la dott.ssa Gabriella Pedote, questo nella speranza di accogliere le nuove detenute in un calore “domestico” e “sostenibile”, affinché tutte loro vi possano accedere senza sentirsi immediatamente gettate in un luogo cupo e umido, dove la speranza diventa miraggio, ma che al contrario vuole esprimere loro solidarietà.

Nello sviluppo dell’idea, riflettendo su questo corridoio, la prima osservazione è stata quella di pensare, pregiudizialmente, una sorta di “miglio verde”, reminiscenza letteraria dell’omonimo capolavoro di Stephen King, che il grandissimo Tom Hanks ha incarnato iconicamente nel famoso film. Ma contrariamente al “miglio” raccontato nel libro, che separa il tempo in cui i detenuti vivi camminano verso la morte imminente, in questa sorta di “miglio” si vuole elevare lo spirito e il cuore delle neo-detenute con colori e materiali utili a raccontare storie positive di vita, di cambiamento, di possibilità, di rinascita. Affinché tutte loro sappiano fin da subito che nel lasciare la loro “vecchia libertà”, in cui però hanno compiuto atti delinquenziali, per cui giustamente devono scontare una pena, si trovino, entrando da questo accesso, in quella che da allora in poi sarà la loro nuova casa, e che per alcune sarà tale per un lungo periodo. In tal senso, il tentativo di rendere più accogliente il “miglio” voleva e vuole far percepire loro uno spazio capace di condurle in un “mondo altro”, in una “nuova libertà” e che, in ultima istanza, ha come obiettivo dare loro una “possibile nuova vita”.

Continua…

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